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22 giugno 2011

Alieni tra Noi

Questo è il mio quarto contributo al Carnevale della Biodiversità.

Uno dei motivi per cui la Paleontologia affascina tanto non solo i suoi addetti ai lavori ma anche milioni di “profani” è che essa, alla pari dell’Astronomia, ci permette di esplorare mondi remoti, lontani non milioni di anni luce bensì milioni di anni fa, mondi popolati da creature spesso bizzarre, che non mancheremmo di chiamare aliene se potessimo incontrare direttamente. Dato che questi mondi sono collocati proprio sul nostro stesso pianeta, i loro abitanti sono, letteralmente, alieni tra noi.
Il pianeta di cui vi parlerò oggi è un pianeta veramente particolare, distante 240 milioni di anni da noi, il pianeta Pangaea. La particolarità di questo pianeta è che la sua atmosfera è molto più povera di ossigeno rispetto alla nostra. Non è sempre stato così su Pangaea: venti milioni di anni prima, ad esempio, il tenore dell’ossigeno atmosferico era persino più alto di quello che respiriamo sulla Terra. Cosa abbia prodotto l’ostile atmosfera di Pangaea è poco noto (dopo tutto, non è facile avere informazioni da un pianeta così lontano), e noi, per ora, lo prendiamo come un fatto confermato dalle caratteristiche chimiche dei sedimenti che le nostre sonde su Pangaea hanno prelavato e analizzato. L’ostilità dell’atmosfera di Pangaea si ripercuote sulle caratteristiche dei suoi abitanti. Come sul nostro pianeta, i pangaeiani respirano ossigeno sia dall’acqua che dall’aria. Tuttavia, non tutti riescono ad assumere l’ossigeno allo stesso modo, e la scarsità di questo composto (O2) nell’aria agisce come importante agente selettivo. Mentre sulla Terra (per ora) non pare esserci una serrata competizione per l’assunzione dell’ossigeno (tranne in ambienti limite come le pozze eutrofiche o i fondali degli oceani equatoriali a bassa circolazione), sulle terre emerse di Pangaea è in atto una spietata lotta per massimizzare l’assunzione del poco ossigeno. Per fare un paragone col nostro mondo, è come se l’intera biosfera delle terre emerse fosse costretta a vivere solo sulle cime del Tibet. Questa competizione per l’ossigeno è particolarmente serrata tra gli organismi non vegetali più grandi di Pangaea, alcuni dei quali arrivano a qualche metro di lunghezza. Per motivi legati alla loro precedente storia evolutiva, questi organismi assumono l’ossigeno atmosferico tramite un sistema di sacche collocate nella parte anteriore del loro corpo. Per curiose contorsioni della storia evolutiva, questi esseri si spostano sulla terraferma tramite due paia di arti. Per un altro bizzarro caso, questi esseri hanno il sistema di pompaggio dell’ossigeno atmosferico allo stesso livello del paio anteriori di arti. Che ci crediate o meno, questo poco-intelligente design costringe questi esseri a ventilare i propri sacchi respiratori dentro uno scheletro di fosfato di calcio, a sua volta collegato agli arti anteriori. Questo meccanismo non aveva particolari problemi nella ricca atmosfera di 20 milioni di anni prima, ma ora, con l’atmosfera povera di ossigeno, la respirazione è intralciata dalla locomozione: quando l’organismo si sposta, il movimento ritmico del paio di arti anteriori limita la capacità di ventilazione delle pompe respiratorie. Sembrerebbe quindi che queste creature siano limitate nelle loro prestazioni: poco ossigeno e limitato meccanismo di ventilazione implicano una scarsa capacità di svolgere intense attività fisiche. Eppure, le nostre sonde su Pangaea mostrano che occasionalmente alcune creature sfrecciano veloci di fronte alla telecamera della sonda. Non solo queste creature sono molto veloci, ma sono anche agili e attive. Questo sembrerebbe un paradosso, se non fosse che, a differenza degli altri esseri osservati prima, questi si spostano solo su due zampe, quelle del paio posteriore. Questa bizzarra specializzazione ha un senso molto chiaro, alla luce di quanto abbiamo detto prima: abbiamo notato che muovendosi solo sulle zampe posteriori, questi esseri possono mantenere gli arti anteriori immobili durante le fasi più intense dell’attività. In questo modo, il sistema di ventilazione non subisce alcun intralcio dal sistema della locomozione, massimizzando l’efficienza nella ventilazione.

Non paghi di queste scoperte, abbiamo prelevato una di queste creature (con non poca fatica), ed abbiamo scoperto che il loro sistema di ventilazione non agisce come un mantice, come nelle forme quadrupedi, bensì con un flusso unidirezionale che scorre “controcorrente” rispetto al sistema circolatorio: per motivi legati alla fisica delle correnti di molecole, questo meccanismo permette di assorbire il doppio dell’ossigeno rispetto al meccanismo “mantice”.

A questo punto azzardo una previsione: se le condizioni su Pangaea resteranno tali per sufficiente tempo (qualche decina di milioni di anni) non dubito che queste creature, per ora piccole e minoritarie, si riveleranno vincenti dal punto di vista darwiniano, e genereranno una discendenza numerosa e diversificata. Chissà, forse un giorno questo meccanismo adattativo per condizioni scarse di ossigeno permetterà, in condizione di ossigeno “normali”, l’evoluzione di esseri giganti, dal metabolismo elevato. Chissà, forse anche esseri capaci di volo attivo e prolungato.

Ovviamente, la previsione si è avverata. Con la fine del Triassico, 200 milioni di anni fa, le condizioni atmosferiche torneranno normali, e quel gruppo bizzarro di alieni bipedi sarà il capostipite dei più grandi animali di terraferma del loro (e del nostro) mondo, nonché di un gruppo di volatori di enorme successo. Ma a quel punto, il pianeta non si chiamerà più Pangaea, ma Terra.

Grazie al loro ineguagliabile sistema respiratorio, con efficienza doppia rispetto alla nostra, gli alieni hanno conquistato i cieli e la Terra, con oltre 10 mila specie. Solo che non li chiamiamo alieni, bensì uccelli.

7 commenti:

  1. Ciao Andrea,
    sono un appassionato di dinosauri sin da bambino (primi libri avuti tra le mani il "Quando l'uomo non c'era" - Spinar/Burian e il "Guarda e scopri gli animali della preistoria" per intenderci!), e anche se il mio lavoro attuale e la mia laurea non c'entrano un piffero con la materia, leggo regolarmente e con piacere il tuo blog.
    cmq, bellissimo post questo: un approccio quasi "letterario" alla teoria dell'"Hypoxic Park" che è una delle più affascinanti.. sto cercando di procurarmi il libro "Out of thin air" di Ward per saperne di più.. che tu sappia, qualcuno l'ha mai tradotto in italiano?
    Continua così.. buon lavoro!
    Dario - 44 anni - Bologna

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  2. A proposito dell'inizio del post: i mondi lontani milioni di anni luce lo sono anche milioni di anni "tempo".
    Nel senso che la luce che ci arriva da quei mondi porta con se l'informazione di eventi che per un ipotetico osservatore che si trovasse nelle loro prossimità del luogo dove sono avvenuti si sarebbero svolti milioni di anni fa.
    É per questo che alle volte si sente parlare i cosmologi dell'universo giovane, ne parlano perché guardando lontano lo vedono, ed è anche per questo che possiamo datare abbastanza bene la nascita dell'universo e il fatto che non esista da sempre :-)

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  3. Anonimo,
    ero a conoscenza di ciò, ma sarebbe stato troppo pesante per gli scopi di quelle citazioni astronomiche nell'economia del post disquisire sul fatto (ovvio) che le distanze in anni-luce indicano automaticamente l'intervallo di tempo trascorso tra l'emissione di quella luce (e gli eventi che da quella luce captiamo) e la nostra osservazione attuale.
    Ad ogni modo, la conclusione del tuo commento è scorretta. I cosmologi parlano di universo giovane solamente perché abbiamo misurato un red-shift crescente con la distanza degli oggetti di cui effettuiamo un'analisi spettroscopica, e che ciò è interpretato come evidenza di un'espansione dell'universo, la quale, a ritroso, implica un universo "giovane" nel passato. Ciò però non dice alcunché sulla nascita dell'universo né tantomeno implica che sia o meno "eterno" nel passato. Anche nel caso che l'universo esistesse da sempre, noi misureremmo che la luce degli oggetti più lontani è anche la più antica.

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  4. Post grandioso! Amando anche l'astronomia e l'astrofisica - oltre alla paleontologia - è semplicemente perfetto!

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  5. Il fatto che fosse ovvio è evidente, la necessita di una risposta a un simile commento un po' meno.
    Speravo si capisse che che si trattava di una nota di colore non di una critica.
    Per quanto riguarda i cosmologi il red-shift isotropo, ovvero uguale in tutte le direzioni, e proporzionale alle distanze indica un universo la cui metrica (una funzione che lega due punti in uno spazio mediante un numero che chiamiamo distanza) è una funzione crescente del nostro tempo locale (ovvero di quello che misuriamo con i nostri orologi sulla terra) e quindi che come dici anche tu l'universo è in questo momento in espansione, il fatto che sia giovane poi è un altra minestra e non viene implicata immediatamente da questo, anzi l'espansione dell'universo e il perché essa avvenga, come sia avvenuta in passato e perché continui ad avvenire sono un argomento di forte dibattito, per convincerti dell'infondatezza della tua affermazione ti faccio osservare (senza cattiveria e in buona fede) che concludi la tua argomentazione con un salto logico e una tautologia:
    “...evidenza di un'espansione dell'universo, la quale, [qui accetti ciecamente una cosmologia incerta] a ritroso, implica un universo "giovane" nel passato [anch'io ero giovane nel passato indipendentemente dal red-shift].”
    Per quel che riguarda la mia affermazione sull'eternità dell'universo mi rifacevo, ma forse non era ovvio, al paradosso di Olbers.

    Emanuele

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  6. Avevo capito che era una nota di colore e non una critica. Ciò non esclude che possa replicare ad una nota colorita.
    PS per i lettori: siccome online non si vede il tono di voce, ricordo a tutti che le mie risposte sono sempre tranquille (di default), tranne i casi in cui esplicitamente esprimo contrarietà (e questo non è uno di quei casi).
    PS2: questo blog si chiama" Theropoda", non "Olbersiana".

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  7. bellissimo! molto suggestivo, e arguto come sei riuscito a collocare la dimensione "aliena" con uan differenza temporale piuttosto che spaziale. in fondo, la terra di allora era davvero un pianeta diverso.

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